giovedì, aprile 25

Una mimosa per allontanare un incubo per 300.000 donne italiane – Psicofarmaci alle donne incinte “ad alto rischio di portare in grembo un feto schizofrenico” –

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di Vincenza Palmieri

È dovere di ogni professionista, di ogni scienziato, di ogni ricercatore, di ogni umanitario, informare tutte le volte che può degli attentati all’umanità di cui viene a conoscenza nell’ambito del proprio lavoro:

è cronaca di questi giorni la “notizia” secondo cui sarebbe possibile individuare i primi segni di schizofrenia nel bambino, già dal grembo materno.

Una cosiddetta  ricerca  condotta dall’Università di Buffalo (N.Y.) ha esaminato le cellule della pelle di quattro adulti con tale “disturbo” e quattro sani, ricreando il processo che si verifica durante le prime fasi di sviluppo del cervello.

In questo modo, si afferma, ha ottenuto una nuova ipotesi su come questa malattia sembri originarsi, spalancando la porta ad una serie di trattamenti da somministrare, a scopo preventivo, a donne in gravidanza ad “alto rischio di avere un figlio con schizofrenia”.

E’ evidente come a commentare tale approccio bastino ben poche parole, ma è altrettanto evidente quanta strada e quanto lavoro vada ancora fatto per evitare che dietro esperimenti basati su 4 + 4 casi si possa nascondere il grosso business, crudele e malvagio, degli psicofarmaci.

Pensiamo ad una donna con il pancione, in trepida attesa. Pensiamo alla prospettiva che suo figlio possa essere schizofrenico. Quante mamme potrebbero cadere nella trappola e sarebbero disposte, anche solo per evitare l’ipotesi recondita di un disturbo del genere, a fare uso preventivo di psicofarmaci?

I numeri parlano chiaro: un bacino – ad oggi – di 300 mila donne (in Italia), 24 milioni nel mondo.

L’industria del business degli psicofarmaci e quindi della psichiatria non smette mai di individuare nuovi terreni da conquistare.

Ma quando questo terreno è rappresentato da un feto e dal grembo di una donna, allora è fondamentale:

informare,

allertare,

protestare,

marciare

e intervenire con ogni progetto seriamente scientifico

e con ogni strumento istituzionale e legislativo possibile.

Ognuno di noi può fare almeno una di queste cose.
E, quando lo avrà fatto, potrà dire di aver dato il proprio indispensabile contributo.

Non è necessario che tutti aiutino nello stesso modo: ognuno può fare la sua parte e questo è tutto quello che serve!

Forse una mimosa non sara’ sufficiente ma l’incalzare di migliaia di  donne, uomini e bambini che vogliono essere liberi e sani, sì!

Buon lavoro! Tanti Auguri!

 

Vincenza Palmieri
(Presidente INPEF – Fondatore di “Vivere Senza Psicofarmaci”)

 

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