di Vincenza Palmieri
Non bastava il dilagare scomposto della epidemia chiamata Dislessia o Disturbi Specifici dell’Apprendimento, deficit cognitivo o ADHD in una scia devastante; non ha appagato la sete di potere il dolore di migliaia e migliaia di bambini e famiglie passati attraverso l’iter diagnostico e stigmatizzante. La medicalizzazione della scuola e dell’apprendimento, fino a ieri negata, svela la sua vera natura: ufficiale, acclarata, sui canali delle Istituzioni : i genitori, grazie ad un’App promossa dall’Istituto Superiore della Sanità, da Telecom, CNR ed altri soggetti potranno aiutare ad ottenere una diagnosi precoce di dislessia per i propri figli.
Valutati da una App?
Ma perché ciò che è vietato agli adulti è promosso per i piccoli?
Quanto bisogno c’è di ampliare il parco pazienti, pescando in ogni fascia e con ogni mezzo possibile?
E così, dopo aver patologizzato il sistema più bello – il mondo della scuola e della prima parte della vita – ora dovrebbe toccare ai genitori tradire il bisogno di crescita, di evoluzione, di tempo personale ed inalienabile, di gioco, di possibilità di sbagliare, di cadere ed essere aiutato ad alzarsi, di difficoltà graduali, di alfabeto e numeri, di fiducia, che è proprio del sistema familiare. I genitori hanno spesso bisogno di essere aiutati a comprendere, ad ascoltare ed a restituire. Ad un genitore viene chiesta empatia, e di essere accudente, protettivo, capace di sostenere le fasi di crescita. Quanto può essere deleterio insinuare in un sistema basato prima di tutto sulla fiducia, il fatto che il proprio figlio sia “malato di dislessia”? Se conosciamo, possiamo allertare, allertarci e, soprattutto, non cadere nella rete.
Per la stima che devo e per l’affetto che provo nei confronti dei miei piccoli amici, dei loro genitori e di tutti i Pedagogisti Familiari attenti alla Didattica Efficace ed alla Fiducia.