sabato, aprile 27

Post Evento “Dai Crimini in Famiglia alle Moderne Scienze Forensi”

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Il Convegno “DAI CRIMINI IN FAMIGLIA ALLE MODERNE SCIENZE FORENSI”

delinea gli scenari evolutivi delle discipline d’Area Giuridico Forense e lancia

le sfide per il futuro degli operatori che interverranno per Affermare e Garantire Verità e Giustizia.

– INAUGURAZIONE ANNO ACCADEMICO INPEF 2019-2020 –

L’INPEF ha inaugurato l’anno accademico 2019-2020 del proprio Dipartimento di Scienze Forensi con un evento straordinario: il Convegno “Dai crimini in Famiglia alle moderne Scienze Forensi” presso la prestigiosa sede del Circolo Ufficiali dell’Aeronautica Militare “Casa dell’Aviatore” di Roma.

Alla presentazione delle discipline che compongono il più aggiornato panorama delle moderne Scienze Forensi hanno preso parte non solo tantissimi studenti dei Master INPEF delle aree giuridico-forensi e di studi criminologici ed antropologici, ma anche Avvocati e Professionisti interessati ad approfondire le tematiche trattate da relatori di spessore ed esperienza pluridecennale.

La Presidente Prof.ssa Vincenza Palmieri ha aperto i lavori con i saluti istituzionali e con la propria relazione introduttiva, sottolineando la necessità di affermare e garantire la ricerca della verità, quale primo Diritto di ogni Essere Umano.
“Ecco allora che il lavoro fondamentale che si fa – ha dichiarato – è proprio quello di essere ricercatori della Verità; e la ricerca della verità va mantenuta ferma lungo tutto l’arco della vita, perché solo in questo modo si può garantire un successo umano, oltre che professionale”.

Da qui l’importanza dello studio, dell’impegno, della conoscenza; e il valore della formazione costante e della multidisciplinarietà.
L’INPEF – e in particolare l’area forense legata alle scienze giuridiche, alla criminologia, la scuola nazionale peritale, la pedagogia penitenziaria, la mediazione penale per adulti oltre che minorile – nasce 10 anni fa con una Vocazione Pedagogica rivolta alla Famiglia.

All’INPEF – ha concluso la Prof.ssa Palmieri – partiamo dal presupposto che Tutela delle vittime significhi non solo vittimologia, ma tutela vera e propria: perché ricordiamoci che non esistono solo i crimini in Famiglia, ma anche i crimini sulla Famiglia.

La Dott.ssa Stefania Petrera – Pedagogista Familiare e Giudice Onorario, Responsabile Relazioni Istituzionali INPEF – ha sottolineato come il lavoro di investigazione sia essenzialmente un lavoro pedagogico.

“L’accertamento del reato, infatti, va sempre di pari passo con il rispetto dei Diritti Umani. In questo senso il contesto criminologico può aiutarci a capire la necessità di un approccio che sia basato su alcuni concetti-chiave fondamentali: il possesso di una cultura disciplinare specifica, l’approccio multidisciplinare, l’integrazione di competenze per affrontare la complessità di un evento delittuoso”.

Per esercitare funzioni di giustizia si ha dunque bisogno di solide conoscenze professionali, di un percorso formativo alle spalle che vada di pari passo con le applicazioni pratiche e le esercitazioni concrete delle abilità: la sinergia tra mondo accademico e applicazioni sul campo è proprio l’elemento principe da cui partire per impostare una proposta formativa valida, ciò che appunto è la mission dell’INPEF.

Il Gen. Luciano Garofano  Biologo Forense, già Comandante dei RIS di Parma – Docente Master INPEF in Criminologia, Criminalistica, Investigazione e Psicologia Giuridica e Scuola Nazionale Peritale – che ha affrontato con due interventi tematici, sia il tema delle scuole di pensiero e della formazione degli operatori forensi sia quello relativo ai primi interventi sulla scena del crimine.

L’uso del DNA a scopi scientifici e identificativi ha aperto prospettive e frontiere inimmaginabili, perché consente di trovare e rintracciare elementi che da un punto di vista scientifico sono incredibili. Facendo questo lavoro e svolgendo soprattutto un’attività sul campo, si comprende l’importanza della prova scientifica e si acquista la consapevolezza che quando si entra su una scena del crimine si lasciano tracce e si sottrae sempre qualcosa all’ambiente”. 

I tanti esempi di cattivi interventi sulla scena ci offrono sempre un insegnamento e soprattutto ci ricordano alcuni principi su cui non si può non riflettere: l’importanza di ogni elemento quale risultato di una dinamica che ha portato a quella scena, l’affidabilità della prova scientificail rischio dell’errore, il fatto che è sempre più l’esperto che determina il giudizio (eppure in Italia manca il contraddittorio tra esperti!), i tanti ritardi che spesso si accumulano. Infine, parlando di casi di cronaca e di omicidi della storia italiana più recente, ha sottolineato quanto accanto alla ricerca, alla competenza, alla serietà, spesso le grandi assenti sono l’umiltà, la cautela, il rispetto, il non sentirsi mai arrivati.

“Come possiamo salvarci da tutto questo? – ha aggiunto. Solo con sistemi di qualità, solo con la formazione, l’educazione, la sistematicità contro la superficialità, solo seguendo linee guida e protocolli sulla scena del crimine, ovvero solo diventando dei professionisti, degli esperti (in qualità di operatori della scena del crimine), che costantemente si aggiornano e che siano in grado di dimostrare competenza e professionalità”.

Il Prof. Giuseppe Palmieri – PhD Archeologia Università di Cordova, Coordinatore e Docente del Master INPEF in Antropologia e Archeologia Forense – ha presentato l’antropologia e l’archeologia forense come discipline complementari ed integrative nell’ambito delle indagini.

“Innanzitutto vorrei evidenziare la grande capacità dell’INPEF – ha raccontato – di mettere insieme profili diversi in un’ottica omogenea. Spesso infatti l’archeologo e l’antropologo forense sono i grandi incompresi dell’ambito forense: eppure tutto ciò che compone la scena del crimine è proprio il nostro pane quotidiano”.

L’archeologo non si sostituisce naturalmente al medico forense o all’esperto di balistica, ma è senz’altro ritenuto un membro stabile nell’ambito delle ricerche di casi di indagine. “Se adottiamo una nuova visione dell’archeologia, se comprendiamo la necessità che le tecniche di analisi e i metodi utilizzati siano al passo con i tempi e con la tecnologia, capiamo allora l’importanza di questa figura professionale nell’ambito di progetti di rinvenimento e recupero di resti, e nello specifico di come proteggere le prove nelle indagini”.

Il compito è dunque quello di disegnare una nuova disciplina e di ridefinire il ruolo dell’archeologo forense sul luogo di un crimine. Da questo punto di vista, risulta allora impellente la necessità di conciliare lo sforzo umano, tecnico e scientifico dell’archeologia con quelle che sono le pulsioni attuali della società e le urgenze culturali e storiche aliene all’ambito accademico su cui la disciplina si è consolidata.

Il Prof. Stefano Vanin – Entomologo forense Università di Genova, Presidente GIEF Gruppo Italiano Entomologia Forense, Docente del Master INPEF in Criminologia, Criminalistica, Investigazione e Pedagogia Giuridica e della Scuola Nazionale Peritale – ha affrontato il tema dell‘entomologia forense nella violenza domestica e nell’abbandono.

“Parlare di insetti in un contesto forense appare quanto mai fondamentale: quando il medico legale non ha più strumenti, infatti, lo studio degli insetti (che sono tanti e sono ovunque!) può darci indicazioni e stime determinanti e il nostro compito è trasformare queste informazioni in dati scientifici, in prove nei crimini in famiglia (dove purtroppo accade la gran parte dei crimini): la presenza di insetti, per esempio, identifica se ci sono problemi sanitari in casi di abbandono o di negligenza e può portare a una soluzione in una certa direzione”.

Ecco perché il lavoro dell’entomologo forense è un lavoro in cui ci si deve sporcare le mani e in cui è fondamentale fare esperienza: perché si è gli scienziati che ricostruiscono gli eventi collegati alla scena del crimine.

La Dott.ssa Marina Baldi – Biologa, Specialista in Genetica Medica, Genetista Forense e docente del Master INPEF in Criminologia, Criminalistica, Investigazione e Psicologia Giuridica e della Scuola Nazionale Peritale – ha raccontato il ruolo della genetica forense in ambito penale; luci e ombre della prova scientifica.

“Con la genetica forense, andiamo a cercare e a studiare il DNA per trovare qualcosa che sia identificativo di una persona; ovvero andiamo a raccogliere una serie di parametri che ci consentono di distinguere una persona dall’altra senza neanche vederla. E tutto questo attraverso l’analisi di oggetti sequestrati, la caratterizzazione delle tracce di una scena del crimine e mediante accertamenti di paternità. In altre parole, tutto quel processo in seguito al quale si trovano dei colpevoli o si scagionano degli innocenti”.

nella raccolta delle tracce, la maggiore criticità è rappresentata dalla contaminazione, la bestia nera con cui ci ritroviamo a “combattere” ogni giorno. Per questo motivo, è quanto mai necessario comprendere le potenzialità e i limiti della prova genetico-forense per un suo corretto utilizzo.

 Il Prof. Ludovico Panarella – Accademico, Medico Specialista in Ortopedia e Traumatologia e Consulente Tecnico – ha trattato il tema dei “Codici deontologici e scienze forensi. I rapporti con i colleghi nell’ambito delle attività peritali“.

“Partendo da un caso di negligenza medica in cui ho dato il mio apporto medico-legale – ha sottolineato – voglio mettere in luce alcuni aspetti principali legati allo svolgimento della nostra professione nell’ambito delle attività peritali e del contributo nelle aule di tribunale: la necessità di affrontare i casi con estrema lealtà; l’importanza di instaurare un valido rapporto medico-paziente; l’attendibilità degli strumenti (di ascolto e di azione), e la capacità di progettualità“.

L’evento si è poi concretizzato in una interessante
Tavola Rotonda sul tema delle Vittime

La Dott.ssa Francesca de Rinaldis – Criminologa e Psicologa Forense, docente del Master INPEF in Criminologia, Criminalistica, Investigazione e Psicologia Giuridica e della Scuola Nazionale Peritale – ha sottolineato quanto occuparsi di un fatto delittuoso significhi occuparsi di diverse figure coinvolte: l’autore e la vittima, ognuno delle quali svolge un ruolo attivo. 

Parlando di tutela delle vittime, ci poniamo l’obiettivo non tanto di rimanere nell’ambito della scienza vittimologica (che comunque è una disciplina piuttosto recente), quanto quello di avanzare degli spunti di riflessione in un’ottica prospettica e progettuale futura”.

Oggi, infatti, la vittima è purtroppo relegata ancora ad una posizione molto marginale; risulta invece quanto mai importante partire dalla vittima per l’analisi di un fatto criminale e anche dell’autore di reato e dunque diventa fondamentale saper leggere tutto quello che la vittima ha da dirci, ha da raccontarci, quale punto di partenza per la formulazione di ipotesi investigative.

Da qui, l’esigenza di preservare la vittima e di fare in modo che da bersaglio divenga invece la figura centrale nel processo di tutela giuridica, investigativa, sociale, psicologica, pedagogica, mediante strumenti di ascolto e di sostegno che creino un senso di fiducia e di sicurezza.

Occorre dunque responsabilizzare e sensibilizzare il mondo scientifico e accademico e gli ambienti della giurisprudenza al tema della tutela delle vittime, perché si tratta di un atto di responsabilità civica e civile teso a un’azione preventiva di benessere e sicurezza sociale. Perché il fatto criminale non riguarda solo chi agisce e chi subisce, ma è un comportamento che riguarda tutti.

La Dott.ssa Daniela Scarpetta – Pedagogista Familiare e Criminologa, Squadra Mobile IV sezione Polizia di Stato (abusi sessuali, vittime vulnerabili – minori) e docente del Master INPEF in Pedagogia Giuridica, Forense e Penitenziaria – ha ricordato che “parlando del tema dell’ascolto delle varie figure coinvolte in un crimine, con particolare attenzione alle vittime (in particolare l’ascolto del minore e delle vittime vulnerabili), siamo chiamati a incontrare e ascoltare il dolore degli altri. Ma il nostro compito è quello di intervenire per raccogliere possibili elementi utili a capire come sono andati i fatti; c’è dunque un’esigenza investigativa che tuttavia non deve far dimenticare la protezione della scena del crimine”.

La novità del Codice Rosso (con L. 69/2019), ha introdotto importanti modifiche al Codice di Procedura Penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime, nell’ambito di violenza domestica e di genere, maltrattamenti contro familiari e conviventi, abuso sessuale di minori. Modifiche proprio sul versante della modalità dell’ascolto della vittima, che – finalmente è stato sancito – va sempre effettuato in presenza di uno psicologo.

 La Dott.ssa Stefania Petrera ha integrato il proprio intervento precedente ponendo l’accento su un dato particolare: “nell’ambito della tutela delle vittime, è stato finalmente adottato un nuovo approccio al problema grazie a una Direttiva dell’Unione Europea che rivalorizza il concetto di tutela, riconoscendo lo status di vittima da reato anche ai familiari della vittima. In questo senso non possiamo allora non sottolineare l’aspetto pedagogico coinvolto nell’ambito dei crimini in Famiglia“, perché la Pedagogia Familiare può offrire una rete di strumenti di aiuto o risoluzione delle problematicità, secondo l’approccio multidisciplinare coordinatosulla base di una serie di azioni cardine a sostegno dei nuclei familiari in difficoltà: la presa in carico, l’ascolto, l’accoglienza e la comprensione della richiesta d’aiuto, la strutturazione di un progetto che porti al solving in tempi brevi.

Fondamentale dunque è l’anatomia del bisogno, onde evitare interpretazioni, che rappresentano proprio uno tra gli errori di fondo nelle professioni d’aiuto.

A conclusione dell’evento, risulta ampiamente chiaro quanto il Convegno di apertura dell’Anno Accademico rappresenti una pietra importante nella definizione della Mission in continua evoluzione di un ambito di indagine fondamentale per la Società e per il nucleo centrale attorno al quale essa si costruisce: la Famiglia.

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