mercoledì, ottobre 16

Prof. Stefano Vanin: “Meno retorica, più Scienza. Interpretazione probabilistica delle prove”

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In occasione del Forum “Il valore della Giustizia in Italia: tra prove oggettive e prove opinabili. L’Etica e le Perizie: il sistema italiano”, che l’INPEF sta organizzando per il mese di settembre in modalità webinar, il noto entomologo forense Prof. Stefano Vanin, Accademico, Presidente dell’Associazione Italiana ed Europea di Entomologia Forense, Docente INPEF, parteciperà come relatore con un contributo quanto mai essenziale e indicativo intitolato: “Meno retorica, più Scienza. Interpretazione probabilistica delle prove”.

– Prof. Vanin, Lei insegna che la prova Scientifica ha valore sopra ogni cosa. Davvero in un ambito così importante e delicato come la Giustizia – e in particolare nello svolgimento dell’attività peritale – esiste il rischio che la retorica e l’opinione soggettiva possano compromettere la verità scientifica e l’oggettività di una prova?

“Assolutamente sì, perché spesso e volentieri si fa confusione tra il concetto di probabilità di una prova e probabilità di un’ipotesi, ovvero si fanno delle considerazioni su quanto è probabile un’ipotesi e non si testa invece l’ipotesi in base alla presenza di una prova. Si discute dunque ragionando sulle ipotesi, senza partire dall’oggettività dei fatti. L’approccio che viene già usato in altri Paesi così come da alcuni specialisti e professionisti illuminati anche in Italia, è quello di distinguere le varie fasi essenziali del processo: l’acquisizione delle prove, l’analisi delle prove, e l’interpretazione delle prove; e quando si interpretano le prove bisogna avere chiari quali sono le ipotesi dell’accusa e quali quelle della difesa. E quello che purtroppo spesso e volentieri accade è che si va a verificare quanto è probabile una ipotesi – data quella prova -, anziché verificare la probabilità di quella prova – data un’ipotesi. Insomma, occorre adottare una metodologia che dia poco spazio alla retorica, perché ciò che accade, quando si fanno calcoli di tipo probabilistico, è che si tende ad oggettivizzare qualcosa che in altri contesti è magari estremamente soggettivo. Questo approccio, che si chiama bayesiano, è normalmente in uso in molti Paesi, soprattutto anglosassoni”.

– Nella Sua esperienza, com’è possibile evitare che taluni elementi possano pregiudicare una perizia o una consulenza, e fare invece in modo che un settore così complesso come quello peritale diventi un settore etico, capace di garantire verità e giustizia?

“Il primo passaggio a mio avviso è che i consulenti si dimentichino di essere consulenti di una parte, e che si limitino invece ad applicare il metodo scientifico nell’acquisizione, nella raccolta e nell’analisi delle prove, senza andare oltre. Nella fase dell’interpretazione, se usiamo un approccio probabilistico non rimane spazio all’essere di parte, perché – come abbiamo ricordato – si tende ad oggettivizzare un dato che potrebbe essere invece soggettivo. In parole povere, la presenza di 3 nanogrammi di cocaina non si discute, sono 3 nanogrammi di cocaina, punto. La probabilità che, trovando quei 3 nanogrammi nella tasca di una giacca, quella persona sia uno spacciatore o al contrario non sia mai entrato in contatto con la droga, è un discorso ben diverso, dove l’ago della bilancia si sposta sensibilmente. E questo vale per le analisi del DNA, per le tracce da contatto, per alcune analisi di stampo medico-legale e per molto altro. Un altro passaggio fondamentale da considerare è poi l’aderenza a protocolli che siano validi e riconosciuti e che costituiscono l’elemento principe per arginare e scongiurare ogni sorta di improvvisazione: purtroppo in Italia, infatti, siamo indubbiamente bravi e professionali, ma a volte un po’ troppo creativi, perché spesso si procede sulla base di personalismi anziché basandosi sulla standardizzazione dei metodi”.

– Quale ruolo può avere una Scienza come l’Entomologia forense in tutto questo, in particolare quanto può risultare determinante per lo svolgimento dell’attività peritale?

“In realtà, farei un discorso più ampio su tutte quelle che sono le discipline biologiche applicate al contesto forense: ogni disciplina ha la funzione di rispondere a specifici quesiti, che debbono essere enunciati in maniera chiara ed inequivocabile. Per chi sta conducendo delle indagini, l’entomologia può ad esempio fornire indicazioni sul tempo, la tossicologia sulla causa di morte, la botanica sull’eventuale spostamento di un corpo; dunque ogni disciplina ha un suo valore ed è estremamente importante che sia applicata secondo un protocollo standard e che rimanga sempre all’interno dei limiti delle sue potenzialità. E, dall’altra parte, anche il consulente deve imparare a riferire solo argomenti di cui è realmente competente ed evitare di discutere su dati o di proporre opinioni afferenti a settori diversi dal suo”.

– Diventa allora essenziale che tutti gli operatori e gli scienziati forensi operino con grande professionalità e competenza: quanta importanza riveste la formazione?

“La formazione è assolutamente fondamentale. Io continuo a dire che per fortuna in Italia c’è un’università che garantisce una formazione di altissimo livello, e in questo senso la realtà italiana è migliore di tante altre realtà universitarie straniere, che spesso – ma a volte senza ragione – vengono viste come un miraggio. Occorre dunque una profonda preparazione universitaria e poi una specializzazione che avvenga mediante corsi a vari livelli (nazionale e internazionale), e che siano erogati da Enti, agenzie e Società Scientifiche di indubbio e riconosciuto valore. E questo avviene solo con riconoscimenti ministeriali o accreditamenti presso Società Scientifiche internazionali, non create appositamente allo scopo, con diplomi che poi risultano essere solo dei semplici pezzi di carta. Serve quindi che gli Enti di formazione abbiano una storia comprovata alle spalle e delle serie basi di rigore metodologico certificate. Altrimenti il pericolo è quello di creare false illusioni nei giovani, senza dotarli di strumenti concreti che consentano poi di trovare un posto di lavoro e di esercitare la professione al meglio”.

– Ripensare, in un’ottica rinnovata, le discipline, le metodologie e i profili professionali coinvolti sembra essere l’elemento che può fare la differenza: come viene raggiunto questo obiettivo in INPEF e come i principi che ha delineato vengono trasferiti agli studenti?

“L’INPEF è un Ente certificato dal Miur, quindi c’è la garanzia di qualità nell’intero processo formativo che già di per sè fa una bella differenza; poi c’è da dire che il personale che insegna all’Istituto rientra in determinati standard di qualità che riguardano non solo la mera conoscenza di un argomento, ma anche il modus operandi e la professionalità. Poi, parlando nello specifico di etica, è anche vero che si tratta di un aspetto che ognuno di noi si costruisce sulla base di un pregresso formativo personale e frutto dell’educazione individuale. A tal proposito, mi piace citare una frase che mi sta molto a cuore: ‘Le parole muovono, gli esempi trascinano le persone’. Uno dei metodi utilizzati nei Master e Corsi INPEF è proprio quello di presentare agli studenti che vogliono crescere, dei modelli positivi, avendo anche il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, lasciando da parte la diplomazia che a volte davvero non serve; in Italia – ahimè – ci sono dei consulenti che sposano le parti, quindi piegano il dato al desiderio della parte e questo è inammissibile, non è accettabile! Ecco perché la metodologia che suggerisco è di proporre dei modelli di esempio, affinché i ragazzi possano avere tutti gli strumenti, su cui affinare anche la loro capacità critica per essere in grado di individuare – in futuro – chi lavora bene e chi meno”.

Il Prof. Vanin insegna nei MASTER e CORSI INPEF:
Antropologia e Archeologia Forense
Criminologia, Criminalistica, Investigazione e Psicologia Giuridica
Scuola Nazionale Peritale
Corso di Perfezionamento in Archeologia e Antropologia Forense

Clara Centili
Ufficio Stampa I.N.PE.F.

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