Tra i relatori del Convegno INPEF “Dal Diritto allo Studio al Diritto all’Apprendimento” (Sala Zuccari – 26 ottobre 2017), anche il Dott. Federico Bianchi di Castelbianco, Direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma. Lo abbiamo intervistato in vista di questo importante appuntamento.
Dott. Bianchi di Castelbianco, rispetto alle preoccupazioni di molti sulla medicalizzazione della Scuola, quanto ritiene si tratti di una situazione conclamata?
La situazione è sicuramente conclamata, tant’è che sono aumentati del 25% gli alunni con certificazioni di varia natura, con una classificazione delle difficoltà di apprendimento e comportamento che vanno dai DHD ai disturbi dell’attenzione, ai disturbi di memoria, ai disturbi oppositivi. Tutte manifestazioni in qualche modo di atteggiamenti e comportamenti che vengono sanitarizzati in una diagnosi.
In che misura è necessario rivedere anche le norme che stanno consentendo questa medicalizzazione?
A mio avviso, prima di rivedere le norme, occorre rivedere l’impianto pedagogico. In un momento di vuoto di potere, nel senso culturale del termine, la pedagogia non ha manifestato la sua forza, ma ha lasciato che gli esperti dicessero la loro sulla patologia. È un paradosso che mi porta a sostenere che non è la norma da rivedere, ma il modo di affrontare la situazione da un punto di vista pedagogico.
In base alla Sua esperienza e alle Sue competenze, cosa crede si possa fare per questa Scuola così in difficoltà?
La Scuola va ripensata, ma va ripensata sotto il profilo educativo, capendo che il filo del discorso inizia alla Scuola dell’Infanzia e non alle elementari. Il che significa preparare i bambini ad affrontare e a vivere la scuola ma senza anticipare alla fase della Scuola d’infanzia il ciclo delle elementari. Bisognerebbe aumentare poi quelle scuole professionali che offrono una specializzazione in grado di facilitare l’immissione nel mondo del lavoro. Perché i ragazzi vivono il loro futuro con un’insicurezza totale e vivere con insicurezza il futuro significa non vedere via d’uscita. Bisogna dare loro la possibilità di avere un reale sbocco occupazionale, bisogna dare loro una prospettiva.
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Ufficio Stampa I.N.PE.F.