martedì, marzo 19

Il Covid 19 e la nostra società a un anno dal lockdown

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DOTT.SSA ANNA MARIA VALENTINI

Pedagogista Familiare ANPEF, laureata in Giurisprudenza, insegnante di scuola primaria statale con esperienza pluri-ventennale in termini di comunicazione e relazione con famiglie e genitori degli alunni. Offre consulenza alle famiglie sia come libera professionista sia come collaboratrice.

L’abbiamo incontrata per capire cosa è cambiato – a un anno dal lockdown – all’interno dei nuclei familiari, nelle abitudini di vita e nel sentire di bambini e adolescenti, e per comprendere meglio quali sono i nuovi bisogni emergenti a cui il Pedagogista Familiare è chiamato a rispondere. Soprattutto, un’occasione per riscoprire le risorse e le opportunità che – insieme alle incertezze – questo periodo ha reso possibili.

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Dott.ssa Valentini, come Pedagogista Familiare Lei durante il lockdown è stata presente con interventi radio ed anche attraverso social e suoi scritti originali. Rivediamo insieme cosa è successo e, soprattutto, cosa è cambiato con la pandemia.

È stato un cambiamento importante, non solo perché inaspettato, ma anche perché ha coinvolto davvero tutti, a livello globale. Improvvisamente, ci siamo ritrovati a vivere giornate molto diverse da quelle solite, etichettate con colori differenti: rosso, arancione, giallo. Chiusi in casa con la nostra famiglia, abbiamo dovuto fare i conti con una nuova gestione dei luoghi e dei tempi: qualcuno ha la fortuna di avere una casa spaziosa, altri hanno dovuto convivere in ambienti ristretti, con poche possibilità di godere di un proprio spazio personale. Nel contempo, abbiamo assistito al diradarsi dei tempi frenetici di una volta e così le nostre abitudini hanno subìto profondi cambiamenti, che probabilmente faranno parte di noi anche in futuro.

Quali sono stati i principali cambiamenti per i più piccoli e per gli adolescenti?

Lo abbiamo descritto tante volte ed è difficile oggi ripercorrere quei momenti, tanto è forte il sentimento di voler lasciare tutto alle spalle. I bambini hanno dovuto rinunciare alla scuola in presenza, ma anche ai loro pomeriggi al parco, alle festicciole, alle uscite con la famiglia. L’interazione con i coetanei è venuta meno e i giochi ai quali erano abituati precedentemente hanno lasciato ulteriore spazio alle postazioni elettroniche, il cui utilizzo eccessivo può provocare disturbi del sonno, iperattività, irascibilità, non favorendo giuste relazioni e inducendo a vivere in un mondo surreale. La chiusura dei centri sportivi e ricreativi ha generato disagi notevoli, a livello fisico ma anche emotivo. I tempi dedicati allo studio, soprattutto per i più grandi, sono stati influenzati dalle restrizioni imposte, e, non avendo impegni di altra natura durante le giornate, è stato facile per molti cadere nella disorganizzazione del proprio tempo, senza orari da rispettare. Invece, per i ragazzi che si trovano in un momento così particolare della loro vita, diventa fondamentale sperimentare, cadere e rialzarsi, fare esperienze positive e negative.

Di fronte a queste trasformazioni, anche i genitori sono stati messi alla prova: tante volte, prima della pandemia, li abbiamo sentiti dispiaciuti per non avere tempo da dedicare ai figli e desiderare di riservare più spazio a loro e alla famiglia, fuori dai ritmi frenetici. Poi, cosa è successo? Perché questo non ha più rappresentato un valore, ma un problema?

Se prima i genitori dovevano gestire dei tempi limitati di inattività dei figli, dopo la scuola e gli interessi sportivi, musicali o religiosi, durante il lockdown sono state molte le ore nelle quali dovevano essere intrattenuti. E per i genitori è stato un impegno importante organizzare il tempo libero dei figli e riuscire a gestirli, senza che i capricci o la noia prendessero il sopravvento. Sebbene non tutti abbiano mostrato le capacità o la predisposizione ad arginare queste nuove “emergenze”, in tanti si sono improvvisati insegnanti o personal trainer, alla ricerca di nuovi modi e nuove forme per muoversi. D’altronde, svolgere un’attività fisica offre la possibilità di rigenerarsi, procurando benessere per il corpo e per la mente. Molti adulti, per esempio, hanno deciso di dedicarsi alla corsa, ma per i bambini è diverso: non è facile coinvolgerli in attività per loro inusuali. Fare sport per un bambino significa – giustamente – “giocare”, stare insieme ai propri coetanei, fare squadra. Da soli è tutto diverso! Inoltre, soprattutto per le mamme, il lavoro all’interno della propria casa è stato raddoppiato, a seguito della presenza ininterrotta degli altri familiari. Mi riferisco alla pulizia della casa, ma anche alla preparazione dei pasti, che invece prima erano consumati fuori, per motivi lavorativi o scolastici. Eppure, gli aspetti positivi non sono mancati, perché questo tempo “liberato” – seppur imposto – ha permesso a molti genitori di poter guardare negli occhi i propri figli ed accompagnarli nella crescita, magari insegnando loro a cucinare, a sistemare il proprio letto o a provvedere alla spesa familiare.

Anche per gli adulti, quindi, la vita è cambiata radicalmente: con quali ricadute sul nucleo familiare?

Ci sono famiglie e famiglie. Nelle classi meno abbienti, famiglie migranti, monoreddito, monoparentali, ecc. e in particolari aree geografiche, in troppi hanno perso il lavoro e difficile è diventato riuscire a gestire la famiglia anche dal punto di vista economico. “Far tornare i conti” alla fine del mese non è stato più per molti scontato e ciò ha inciso inevitabilmente sulle relazioni interne alla famiglia: si generano nervosismo e incomprensioni, si inizia a fraintendere, non si è più molto disposti alla battuta e allo scherzo. È come se ciascuno avesse la testa occupata da pensieri più grandi, che hanno influito inevitabilmente sulle relazioni. Restare chiusi in casa per tempi così lunghi, ha fatto nascere in tutti noi qualche paura e ci ha resi un po’ più fragili e insicuri.

A fronte di questa situazione, esistono delle vie d’uscita? Lei, in quanto Pedagogista Familiare, quale segnale si sente di dare?

Avere consapevolezza che sarà difficile recuperare il tempo perduto, non deve indurci a pensare che sia impossibile: ci saranno altre e nuove modalità di azione e di relazione, che consentiranno a tutti noi di riacquistare serenità. Tutti usciremo da questo periodo storico profondamente cambiati: per alcuni aspetti danneggiati nel nostro essere persone complete, ma per molti altri sicuramente migliorati. In un contesto simile, è stato facile farsi prendere dall’apatia, dal disinteresse generale, dalla monotonia: molti sono gli aspetti della vita ai quali abbiamo dovuto rinunciare, e solo ora che non colorano più le nostre giornate ci siamo resi conto di quanto fossero importanti. E questa è già una prima, importante riscoperta: il valore dei momenti essenziali. Non solo; chiusi all’interno delle nostre case, ci siamo abituati a gestire uno spazio ristretto, garanzia di sicurezza e tranquillità: un’altra costrizione che abbiamo imparato a trasformare in opportunità. Anche il rapporto con il cibo è decisamente mutato: la noia, il tempo a disposizione, le ricette postate sui social, hanno fatto sì che tanti si dedicassero alla cucina di piatti insoliti ed elaborati, sebbene a volte più calorici del solito! Infine, la possibilità, concessa negli ultimi tempi, di uscire, di vestirsi, di affrontare gli altri, ha significato rimettere in gioco molti aspetti della propria persona, che per mesi avevamo dimenticato…

Insomma, una grande prova che tuttavia può spingerci a riscoprire e tirare fuori le nostre risorse migliori?

Da tutta questa situazione è senz’altro necessario e possibile risorgere e ciascuno di noi, in quanto essere umano, ha già in se stesso le capacità per farlo. Basta trovare la chiave giusta. Tutti abbiamo grandi risorse, anche se a volte può sembrare che non ne siamo consapevoli. In questo periodo così strano per la nostra società, molti hanno scoperto di avere doti inimmaginabili, alcuni hanno utilizzato il tempo in casa per sperimentare e studiare, altri si sono dedicati ad attività non abituali, che hanno generato grande interesse e soddisfazione. Tanti hanno avuto modo di occuparsi della casa e della sua manutenzione; parecchi hanno iniziato a scrivere sui social, proponendo attività di vario genere e mettendo a disposizione degli altri le proprie conoscenze. Non sono poi mancati i pomeriggi trascorsi a scorrere le fotografie e sorridere insieme dei momenti condivisi. Si tratta di istanti unici e irripetibili, che abbiamo potuto apprezzare proprio grazie alle restrizioni. Abbiamo compreso quanto possa essere importante talvolta saper dire “NO” ai doveri e alle responsabilità, e quanto possa rivelarsi vitale lasciarsi andare e godere del piacere dello stare insieme, condividendo gli attimi migliori e mettendo al centro la nostra persona e la famiglia, che rappresenta il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro.

Dunque ora, guardiamo al futuro! Alla luce delle esperienze vissute, quale può essere la strada da percorrere per ristabilire nuovi equilibri personali, familiari e interpersonali? E quale ruolo positivo può avere il Pedagogista Familiare in questo nuovo, costruttivo percorso?

Il Pedagogista Familiare può fare molto in questo momento storico che stiamo ancora vivendo. Il suo compito deve essere sempre quello di far raggiungere il benessere al singolo ed all’intero nucleo familiare. Per far ciò, si deve condurre la persona a comprendere quanto sia importante voler bene a se stessi e migliorarsi! Questo non significa diventare egoisti. Al contrario, permette di sentirsi apprezzati e consente di rivendicare sempre il proprio ruolo e la propria posizione all’interno di un gruppo. Anche io, da un punto di vista professionale, ho purtroppo incontrato gli inevitabili ostacoli che la pandemia, a causa delle limitazioni imposte, ha comportato: ma sono pronta e sempre disponibile, oggi più che mai, ad accogliere le nuove necessità che mi si proporranno.

 

Ufficio Stampa I.N.PE.F.

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