venerdì, aprile 19

Prof.ssa Stefania Petrera: «L’urgenza di rinnovare la formazione per migliorare le competenze peritali»

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Non poteva mancare al Forum INPEF “Il valore della Giustizia in Italia: tra prove oggettive e prove opinabili. Istituzioni al servizio dei Diritti Umani: la tutela dei Bambini e delle Famiglie”, la Prof.ssa Stefania Petrera, Giudice Onorario presso la sezione Minori della Corte di Appello di Roma, Pedagogista Familiare, Responsabile Relazioni Istituzionali e Docente INPEF, una colonna portante nell’organizzazione e nella gestione dell’Istituto che, nel riflettere sulle esperienze formative e i nuovi indirizzi in area forense in epoca di Covid, metterà l’accento proprio sulla necessità di rinnovare la formazione per migliorare le competenze peritali e per far sì che le discipline forensi si pongano al servizio dei Diritti Umani”.

– Prof.ssa Petrera, che tipo di approccio richiede il contesto giudiziario e investigativo e quali sono le conoscenze specifiche e le competenze professionali richieste per esercitare funzioni di giustizia?

“Credo sia necessario fare un discorso specifico e differenziato a seconda dei ruoli svolti nei due contesti da Lei citati. In quello giudiziario operano molteplici figure professionali e ciascuna di esse svolge sia funzioni autonome sia funzioni di tipo collegiale o, quanto meno, di condivisione del proprio sapere professionale. Per tale motivo è importante ribadire l’importanza di una formazione ad ampio raggio, che consenta di ‘avvicinarsi ai casi’ partendo da una approfondita e non routinaria valutazione delle singole storie di vita; ciò perché solo l’adozione di un approccio individualizzato consente di individuare gli elementi che, se trasformati in risorse, possono essere ‘tradotti’ in termini di decisioni giudiziarie e interventi di supporto a tutela dei diritti”.

– – In che modo gli operatori forensi dovrebbero svolgere al meglio il proprio compito peritale e quali sono le azioni da mettere in campo onde evitare quelle pericolose ‘interpretazioni’, che rappresentano proprio uno tra i rischi maggiori nell’esercizio delle professioni forensi?

“Sicuramente i ruoli di consulente tecnico d’ufficio (in ambito civile) e di perito (in ambito penale) richiedono di essere svolti con grande competenza e attenzione: delegati da un Giudice, gli esperti sono chiamati a condurre attività di indagine, di analisi, di ascolto e di raccolta dati per dare risposta ai precisi quesiti loro posti. La delicatezza del compito a cui sono chiamati è grande: nelle loro relazioni – che sono essenzialmente strumenti comunicativi – descrivono l’esito delle proprie rilevazioni e formulano eventuali soluzioni per le problematiche esaminate contribuendo, in tal modo, a delineare possibili prospettive d’intervento futuro. È importante sottolineare che, ai fini dell’individuazione delle più idonee risposte giudiziarie, è indispensabile saper fare ricorso a saperi giuridici e a saperi extragiuridici, trovando la giusta sintesi tra di essi”.

– Quanto la formazione può essere determinante in questo senso e qual è l’urgenza di ripensare e rinnovare oggi le competenze e i profili professionali coinvolti, anche considerando il frangente attuale che in qualche modo ha costretto il mondo accademico a confrontarsi con nuove modalità di formazione?

“La formazione disciplinare iniziale, assieme all’aggiornamento continuo e periodico delle competenze, soprattutto per quei professionisti che svolgono un ruolo altamente tecnico, sono strumenti importanti ed è necessario che non rimangano in un terreno asettico o neutro, ma che si evolvano e si contaminino, a seconda dei cambiamenti costanti che avvengono nella società e nelle dinamiche relazionali tra i cittadini, dalle quali non possono prescindere. A titolo di esempio, voglio evidenziare che il periodo di emergenza causato dal Covid-19 ha generato (se non imposto) l’acquisizione accelerata di abilità digitali dovuta al maggior ricorso alle tecnologie della comunicazione. Si tratta di un evento, ascrivibile ad una contingenza storica ma che sicuramente non avrebbe potuto essere ipotizzato – nelle forme e nei tempi in cui ha avuto luogo – prima del marzo 2020! La formazione porta ogni professionista – e in particolare coloro che, con il loro lavoro, vanno ad incidere sul destino di altre persone – a considerare l’aggiornamento di conoscenze e abilità come occasione per ‘specchiarsi’ e capire come riuscire a incrementare i propri saperi, nella consapevolezza di essere nella possibilità di offrire uno scorcio diverso rispetto a una determinata situazione, che venga esaminata in un’aula giudiziaria. I consulenti e i periti debbono possedere gli strumenti, le competenze e l’etica per esaminare e valutare condizioni e situazioni che, seppur richiedono soluzioni in sede giudiziaria, siano rispettose delle necessità delle persone e consentano di prospettare scenari di tutela dei diritti e/o ulteriori approfondimenti, nel rispetto delle logiche dell’autonomia e della responsabilizzazione personale”.

– Ci spieghi meglio.

“Quando si ricorre all’intervento di un terzo – che sia perito o consulente – inevitabilmente ci si trova in una condizione di difficoltà ad auto-dirigersi, ma chi svolge professionalmente tali attività deve costantemente valutare e comprendere la delicatezza del proprio ruolo di esperto. Deve evitare di ricorrere a routine cognitive che portano a ragionare sulla base di categorie o strumenti che, pur nella loro scientificità, rischiano di togliere importanza all’effettiva conoscenza dei soggetti di cui ci si occupa – qui ed ora – e che, invece, potrebbe rappresentare l’aspetto più importante da valorizzare. In un colloquio condotto in un clima di fiducia e apertura dove il perito (inteso genericamente come colui che ne sa di più) potrebbe essere in grado di tratteggiare soluzioni, la comunicazione efficace e l’utilizzo di strumenti diagnostici scientificamente validi potrebbero generare dati utili per pervenire a una valutazione che sia di sintonizzazione con specifiche condizioni contingenti e di valorizzazione (e non solo di quantificazione in termini numerici) dei comportamenti. Grazie ad un simile approccio, l’intervento dell’esperto diventerebbe un intervento effettivamente dirimente. Occorre, quindi, possedere un grande equilibrio per onorare il mandato che si riceve per svolgere l’attività peritale, un equilibrio evidentemente delicato grazie al quale si costruisce la possibilità di riportare a sistema tutti gli elementi d’indagine raccolti nella stesura di una relazione, che deve poter servire al Giudice ad esprimere una decisione foriera di un cambiamento il più possibile positivo per i soggetti da esso coinvolti”.

– Come viene raggiunto questo obiettivo in INPEF e quali sono le distintività dei suoi percorsi formativi?

“L’INPEF attua una politica formativa che fa realmente la differenza essendo un Istituto che, già nella sua denominazione, mette in evidenza l’utilità fondamentale dell’approccio pedagogico in prospettiva sistemica. Da tempo ha predisposto un settore specifico nel quale ha inserito vari percorsi, che vanno dal Master in Mediazione Penale Minorile, al Master in Criminologia, Criminalistica, Investigazione e Psicologia Giuridica, al Master in Antropologia e Archeologia Forense, alla Scuola Nazionale Peritale fino ad arrivare al Master in Pedagogia Giuridica, Forense e Penitenziaria e al Master in Situazioni di Affido ed Adozione. Ciò significa aver operato una scelta di tipo multidisciplinare, nella convinzione che sia estremamente utile far convivere una pluralità di approcci dove il substrato umanistico comune a tutti i percorsi citati, pur se di taglio scientifico, garantisca la possibilità di evidenziare l’importanza della cura per la relazione, per la comunicazione efficace e per la progettazione degli interventi. Nei diversi iter formativi si ritrovano tematiche molto specialistiche ma, parallelamente, si approfondiscono i concetti di famiglia fragile, famiglia vulnerabile, devianza minorile, conflittualità genitoriale, sempre per sottolineare quanto la dimensione della relazione sia fondamentale per poter ottenere risultati positivi a seguito di interventi professionali mirati. Nella prospettiva pedagogica l’educazione corrisponde ad un percorso personale di crescita e di evoluzione personali, in vista del raggiungimento delle competenze per la vita (life skills). La trattazione delle problematiche della Giustizia, minorile e per adulti, si riferisce a tale scelta di fondo, affermandosi come una precisa opzione metodologica attraverso la quale i corsisti sono chiamati a condividere l’aspetto dell’attenzione all’altro, che va sempre considerato come individuo che fa parte di un contesto – familiare prima e sociale poi – all’interno del quale la promozione del benessere è l’obiettivo principale da perseguire”.

– Il Forum darà effettivamente anche l’occasione per soffermarsi sull’offerta formativa del Dipartimento di Scienze Forensi dell’INPEF: come Professionista e come Docente, quali sono in particolare gli strumenti metodologici seguiti dall’Istituto nella formazione dei professionisti in questo settore?

“Senza dubbio la tipologia dei percorsi e la loro articolazione, che prevede l’attenzione ai temi specifici, sollecita al loro periodico aggiornamento in base all’attualità storica o alle ricerche scientifiche. Non è un caso che nell’ultimo anno in ogni Master sia stata prevista una riflessione – nel rispetto delle specificità dei singoli Master – sugli effetti generati dall’emergenza sanitaria causata dal Covid 19. Cito tale esempio per dimostrare quanto non si rimanga mai cristallizzati nei programmi ma, al contrario, si cerchi di mantenerli al passo con l’attualità più recente. In ultimo voglio sottolineare che, sia nella didattica in presenza che in quella a distanza, non viene mai abbandonato l’approccio laboratoriale e interattivo che è distintivo di tutta la formazione INPEF. La didattica offerta prevede la condivisione di conoscenze sempre affiancate ad attività di simulazione, di interazione in gruppo tra pari, di redazione di schede progettuali, di incontri con testimonial. Insomma, c’è sempre la voglia di affermare quanto sia necessario che una formazione, pur altamente specialistica, abbia concretezza di applicazione. La finalità è quella di creare le condizioni per promuovere un apprendimento significativo e capace di generare consapevolezza e professionalità in tutti i nostri corsisti”.

Clara Centili
Ufficio Stampa I.N.PE.F.

 

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