venerdì, marzo 29

Ripensare le Politiche per l’Infanzia – di Vincenza Palmieri

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Genova, Giornata internazionale dei diritti dei bambini e degli adolescenti

Genova, Giornata internazionale dei diritti dei bambini e degli adolescenti

In Italia – fonte Il Messaggero – solo lo 0,9 % del PIL viene destinato all’Istruzione.

Considerato quanto l’attività formativa riguardi una fascia ampissima della popolazione – bambini e adolescenti – appare evidente quanto sia esiguo l’investimento in tale direzione, sia in termini economici che dal punto di vista sostanziale e progettuale.

Se una quota consistente di tali risorse viene impiegata in altri ambiti – molti dei quali riguardano la mera gestione della cosa pubblica – gran parte delle restanti, destinate alla materia cosiddetta “sociale”, sono state fagocitate dalla cattiva prassi in cui ha prolificato un sistema poco limpido, ben noto.

Ma, al di là delle aberrazioni di un sistema scorretto e inefficiente dal punto di vista dei controlli di legittimità e trasparenza, è altrettanto evidente quanto sia impensabile che un Paese del G8, che siede al tavolo con le più grandi Potenze del mondo, si trovi in fondo alla graduatoria in materia di investimenti sull’Istruzione.
Da tale sconfortante quadro, prende le mosse una riflessione più ampia che poggia sulla spina dorsale di quella che è la legislazione nazionale in tema di Politiche Sociali, con particolare riferimento alle Politiche per l’Infanzia e per l’Adolescenza.

Dell’Italia si è raccontato spesso quanto sia un Paese con troppe Leggi, ma non è detto che tale caratteristica rappresenti necessariamente un demerito. In ogni caso, mai, prima dell’Agosto 1997, era stata emanata una Legge che si occupasse specificatamente di Infanzia e Adolescenza. Addirittura, grazie a tale Norma, era stato istituito un Fondo, articolato tra Azioni e Obiettivi.
La L. 285/97 ha poi, in realtà, rappresentato qualcosa di ulteriore: un nuovo modo di intendere le Politiche Sociali, la cultura delle Reti e delle Relazioni.

Se, negli anni, era emersa la necessità di integrarne alcuni aspetti strutturando gli interventi ed i Servizi in un’ottica integrata, la legge 328/2000 era intervenuta proprio a rispondere a tale esigenza di sistematicità.
Il punto dolente di tale intervento, si è, però, rivelato nell’idea, al tempo del tutto inaspettata, che tale Legge Quadro avrebbe significato il superamento di tutta la normativa esistente in materia di Politiche Sociali.

La 285/97 è stato, dunque, il primo Fondo Nazionale che ha posto l’attenzione sull’Infanzia e l’Adolescenza, riservando alle Municipalità la capacità e la possibilità di organizzarsi specificamente sulle politiche per l’infanzia, attivando progetti e facendo lavorare i giovani su quei progetti rivolti all’infanzia e all’adolescenza.
Alla fine, dunque, si raccoglievano ben cinque generazioni: l’infanzia, l’adolescenza, i giovani che venivano coinvolti come operatori, i genitori e i nonni (le famiglie) che ricevevano un supporto nell’educazione e non solo, in un continuum unitario lungo tutte le fasi della vita.
Se, dunque, la L. 328 rispondeva alla suddetta esigenza di sistematicità che richiedeva tale continuum, quello che però accadde fu una sorta di meccanismo per cui la 285/97 fu inglobata dalla 328/2000 per cui si perse il carattere rivoluzionario e mirato sulla cui base, invece, si sarebbero dovuti costruire i nuovi modelli di interventi per l’infanzia.

Cosa ne è stato, in sostanza, della L. 285/97? Questa domanda merita una risposta, ora come già allora. Perché implica chiedersi cosa sia stato e cosa sarà delle Politiche per l’Infanzia.
Nel 2003-2004, quando si incominciarono a vedere gli effetti della nuova Legge Quadro sulla 285/97, alla conferenza sull’infanzia tenutasi a Collodi, i Sindaci si rifiutarono di recitare il requiem di quella Norma così straordinaria, tanto più che essa non è mai abrogata, mai considerata dal Legislatore effettivamente superata. Quindi da rispettare e far rispettare, anche in nome dei risultati tangibili fino a quel momento ottenuti.

E’ stata, infatti, un’esperienza – quella della 285 – che ha unito le municipalità anche dal punto di vista politico e consociativo in un patto volto ad ottimizzare risultati e finanze: erano sorti veri e propri Consorzi di Comuni, in una nuova ottica di collaborazione anche con le Direzioni Generali Scolastiche, con i Consultori Familiari… in una rete che supportava ma non ingeriva le competenze delegando alla Sanità le soluzioni, gli interventi o la prevenzione nei confronti dei bisogni dell’Infanzia.

C’era la rete di supporto ma, contemporaneamente, la possibilità di intervenire autonomamente in materia di bambini ed adolescenti.
Era, dunque, un modello nuovo non solo per le Politiche Sociali, ma anche per le Politiche di natura Amministrativa: i Sindaci finalmente si stringevano con protocolli d’intesa per lavorare insieme.
Un modello positivo che ha portato risultati e, benché siano passati quindici anni, ci stiamo ancora chiedendo chi abbia “rubato la 285”.

Il tempo ci ha svelato chi abbia compiuto tale furto: lo leggiamo nei verbali di “Mafia Capitale”. Ma se oggi abbiamo scoperto chi abbia “rapito i fondi della 285”, è arrivato il momento di restituire spazio, visibilità, iniziativa a quella che era una Buona Pratica e che lo è tuttora. In caso contrario, infatti, non si spiegherebbe come mai siano solo alcune le Amministrazioni che si trovano ad usufruire dei benefici della legge 285.

Le Politiche per l’Infanzia, con uno specifico Fondo a loro destinato, dovrebbero ritornare a tutti gli Enti Locali, essere legate ad indicatori importanti quali la soglia di povertà, il grado di scolarizzazione e l’eventuale dispersione, per tornare ad essere Patrimonio di tutti, attraversare le generazioni\ed essere finalmente agite in trasparenza,

Ripensiamo, allora, a quelle Buone Pratiche. E ripensiamo alle Politiche Consortili, alle Politiche per l’Infanzia, alle Politiche per l’Adolescenza che rappresentano il vero Patrimonio dell’Umanità.

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